Seminari 2018 - Scuola di Psicoterapia Sistemico Relazionale

Dalle ore 09.40 alle 18.00

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Sabato, 20 Gennaio 2018

"Il Milan Approach tra Sè del Terapeuta, Diagnosi, Creatività e Curiosità"

Programma della giornata:

10.00 – 13.00 Esposizione dei relatori

- Bertocchi Manuela: Introduzione della giornata
  • - Bozzo Francesca    "Il sé del terapeuta: la narrazione di una esperienza di crescita professionale"
    - Bordino Francesca   "Diagnosi: come conciliare la necessità di “diagnosticare” con le regole del Milan Approach"
    - Bastianello Federica, Pellizzaroli Cristina   "Curiosità e Creatività: una riflessione su due strumenti indispensabili ma difficili a partire da uno sguardo al pensiero di G. Cecchin"
  • - Chairman: Muraro Pierino

13.00 – 14.00 pausa

14.00 – 17.00 lavori di gruppo ed esposizione finale in plenaria

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Sabato, 17 Febbraio 2018

“La dimensione del lutto”

 
Cazzaniga E.
 

Il lutto rappresenta una delle esperienze più significative della vita. Una delle più tragiche. La perdita del potenziale contenitivo dei rituali

collettivi, presenti nella nostra società fino a qualche decennio fa, ha reso oggi il tempo del lutto più difficile da attraversare. Il seminario

si propone di leggere, alla luce dei cambiamenti sociali, come spesso l'esperienza di perdita si declina nelle reti umane, ponendo particolare

attenzione alle possibili forme di aiuto.
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Enrico Cazzaniga,
Psicologo, psicoterapeuta. Docente della Scuola di Specializzazione in Terapia Sistemica del Centro Milanese di Terapia della Famiglia. Consulente dell'Associazione
Porta Aperta di Rho, ANLAIDS Lombardia, Fondazione ABIO Italia e dell’Associazione AMA Milano, Monza Brianza. Svolge l'attività di consulenza e psicoterapia a Monza e Milano. Si occupa
da anni di psiconcologia e cure palliative.
Fa parte del Comitato di Coordinamento Nazionale dei Gruppi AMA per Persone in Lutto. eacazzaniga@gmail.com

 
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   	 Sabato, 17 Marzo 2018

“L'accoglienza del fine vita, il terapeuta ed il paziente: una relazione a termine”

 Baracco G. A.

Il disagio psichico costituisce, per i malati di cancro, una  reazione comune ed è presente dalla fase diagnostica, alla fase  terminale di malattia:  i pensieri ed i sentimenti che si accompagnano all’impatto delle terapie,  al progressivo cambiamento e  deterioramento 
 delle condizioni fisiche, la consapevolezza dell’irreversibilità della malattia o dell’avvicinarsi della morte, contribuiscono a definire una
situazione di “dolore totale”. 
Il quadro complessivo attraverso cui  si configura il disagio psicologico è ampio, differenziato e rappresentato dalle infinite modalità di
espressione della sofferenza che caratterizzano ciascun individuo in relazione alla  personalità, alle modalità di coping e alla qualità delle
relazioni familiari e sociali. 
Obiettivo  primario di ogni intervento che abbia per oggetto il disagio psicologico del paziente  è riconoscimento ed il contenimento
dello stato di sofferenza emotiva.
E’ importante affrontare, approfondire argomenti quali malattia,   perdita,    morte  e lutto che sono e saranno temi ed aspetti ricorrenti
nelle azioni  di supporto per ogni professionista del settore della salute,  per sostenere il malato, la famiglia e condividere  conoscenze
ed esperienze utili  attraverso una  formazione continua e specialistica.
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Gloria Angela Baracco, Psicologa, psicoterapeuta – Unità Operativa Complessa di Cure Palliative e Cure domiciliari; Unità Operativa di Oncologia, Ulss n. 2 Marca Trevigiana.

Docente per il master di I livello "Death studies and end of life" dell'Università degli Studi di Padova. Autrice di diverse pubblicazioni

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  	  Sabato, 21 Aprile 2018
 
"L'intervento psicologico nel percorso decisionale ed etico nel fine vita"
 

Deledda G.

Con questo seminario si desidera offrire un’opportunità di approfondimento delle implicazioni etiche delle scelte dei sanitari con il
paziente in fine vita in vari contesti ospedalieri.
Approfondire gli aspetti dell’etica, a partire dal consenso informato, al tema dell’appropriatezza delle cure, all’accanimento terapeutico,
al tema dell’interruzione delle cure, dell’eutanasia, alle cure palliative e di fine vita, significa approfondire il complesso tema delle scelte
mediche. Ogni scelta, di dire o non dire, di fare o non fare (terapie, interventi, controlli diagnostici, decisioni nel fine vita), può essere
influenzata da aspetti di tipo emotivo (paura, rabbia, ecc), di tipo cognitivo (convinzioni sull’eziologia della patologia, idee sulla terapia e
sulla prognosi, convinzioni personali sulla vita e sulla morte), di tipo fisico (difficoltà ad affrontare fisicamente la malattia, il dolore, le
sensazioni fisiche), di tipo comportamentale (strategie utilizzate per affrontare, evitare o controllare la situazione fortemente avversiva)
e in base alla storia relazionale e di vita delle persone coinvolte. 
L’intervento dello psicologico richiede un attenta osservazione delle differenti agende (esplicite e “nascoste”) dei vari interlocutori, tra
cui l’agenda Istituzionale o Ministeriale, l’agenda del medico e dei vari sanitari, e l’agenda dei familiari (dei caregiver) e del paziente
stesso, al fine di favorire l’incontro tra diverse agende, attraverso il riconoscimento ed il rispetto delle differenti prospettive, che in alcuni
casi possono confliggere o agire in modo non consapevole.
Obiettivo del seminario è di permettere ai partecipanti di sviluppare una maggiore consapevolezza delle proprie convinzioni culturali,
filosofiche, spirituali, morali al fine di favorire una maggiore comprensione di Sé e dell’Altro, per potersi meglio orientare ed
“accompagnare” l’Altro (medico, paziente, caregiver), nel percorso decisionale durante le varie fasi di malattia, e nel fine vita, per
favorire una più adeguata elaborazione dei propri vissuti, con al centro il riconoscimento dei valori e dei bisogni fisici, psicologici,
spirituali del paziente. 
A tal fine, durante il seminario verranno fornite nozioni teoriche per una maggiore comprensione del tema e del contesto, e verranno
analizzate alcune storie cliniche e svolti esercizi di tipo esperienziale e role play.
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Giuseppe Deledda, Psicologo, psicoterapeuta, Coordinatore Servizio Psicologia Clinica – Ospedale “Sacro Cuore” di Verona. Supervisione, Formazione di psicologi, psiscoterapeuti
e personale sanitario.
Membro del comitato scientifico di Verona dell’Associazione Nazionale Donne Operate al Seno (ANDOS). Coordinatore Regionale Società Italiana di Psiconcologia (SIPO)
del Veneto
e del Trentino Alto Adige. Referente Nazionale del Gruppo di Interesse Speciale (G.I.S.) “Act for Health”.
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Sabato, 19 Maggio 2018

"Linguaggio, logica e paradosso: dalla filosofia alla terapia"

 Cavallin D.

Cos'è il linguaggio e che rapporto ha con il pensiero? Se, per un verso, il linguaggio sembra essere un mero mezzo di espressione di ciò che
percepiamo, sentiamo o pensiamo, d'altra parte, seguendo le tracce di Vygotskij e l'ipotesi Sapir-Whorf, potremmo concludere che nulla è
per noi realmente pensabile se non all'interno della struttura linguistica in cui ci collochiamo. Dunque il linguaggio plasma la nostra mente,
vincolandoci ai binari della sua grammatica profonda.
Su questo vincolo si fonda il pensiero razionale, che rappresenta lo strumento simbolico più potente di cui disponiamo per decifrare la realtà
e progettare un'azione efficace.
Ma cosa accade se il nostro pensiero entra in cortocircuito, per effetto di fallacie o paradossi? E quali sono le implicazioni pragmatiche di
queste trappole nel campo della comunicazione quotidiana e della relazione interpersonale?
Inizieremo il nostro percorso analizzando alcune definizioni tradizionali del linguaggio elaborate in ambito filosofico, da Aristotele a Wittgenstein,
per esaminare poi sinteticamente lo sviluppo della logica formale, che ha cercato di rendere più chiara la struttura dei nostri ragionamenti,
in particolare nelle situazioni in cui il linguaggio ordinario genera facili fraintendimenti.
Ci concentreremo, quindi, sull'analisi delle argomentazioni in contesti di vita reali e nei rapporti terapeutici, passando in rassegna le principali
fallacie e i più diffusi biases cognitivi, che portano il pensiero e la comunicazione su false piste.
Affronteremo, infine, la figura del paradosso, esaminandolo sia dal punto di vista strettamente logico, attraverso alcuni enigmi classici, sia nelle
sue applicazioni pragmatiche, per sondare, seguendo le indicazioni di Watzlawick e della Scuola di Palo Alto, il suo possibile ruolo in psicoterapia.
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Damiano Cavallin, Filosofo. Direttore del Festival filosofico Pensare il presente; vicepresidente nazionale dell’ADOS Assoc. Docenti di Sostegno.
Presidente nazionale dell’AISUM Assoc. per l’insegnamento delle Scienze Umane

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 Sabato, 16 Giugno 2018

"Apprendimenti, abitudini e compulsioni"
 
Canali S.
Negli ultimi 15 anni circa, i concetti di abuso di sostanze e di dipendenza hanno subito un profondo slittamento teorico. I sintomi
della tolleranza e della crisi di astinenza, tratti cardinali nella classica definizione biomedica di abuso o dipendenza, hanno assunto
un aspetto secondario. Elemento centrale nella attuale, controversa, concettualizzazione della dipendenza è la perdita del controllo
volontario del comportamento come effetto di un apprendimento patologico. La dipendenza sembra diventata cioè un disturbo cognitivo.
Questa è una trasformazione concettuale di straordinaria rilevanza. In primo luogo essa ha portato all’inclusione nella categoria delle
dipendenze i comportamenti con perdita di controllo non legati alla sostanza, come il caso del gioco d’azzardo patologico. Inoltre, l’idea
dei disturbi da abuso di sostanze e da dipendenza come patologia dell’apprendimento, della scelta e della motivazione ha profonde
implicazioni per la comprensione, il trattamento e la prevenzione di questi disturbi nell’età dello sviluppo. Questo è il periodo della
vita in cui - attraverso le esperienze e gli apprendimenti - vengono plasmati, in bene e in male, gli stili di vita, le abitudini, le modalità 
di risposta ai fattori di rischio. Secondo questa nuova prospettiva, i disturbi da addiction, con incluse le dipendenze comportamentali, 
rappresenterebbero un
disordine dell’apprendimento strumentale causato dalla reiterata attivazione del sistema di ricompensa cerebrale
da parte delle
sostanze d’abuso o per effetto di un determinato comportamento. La ripetuta associazione tra ricompensa indotta dalle sostanze,
dal comportamento problematico e stimoli associati trasformerebbe nel tempo questi ultimi in elementi predittivi di un premio.
 Quando questo tipo di apprendimento si stabilisce gli stimoli associati alle sostanze o al comportamento problematico, luoghi, 
gesti, odori, emozioni, sensazioni viscerali si caricherebbero di una intensa valenza incentivante e la loro presenza percepita
 porterebbe all’innesco degli schemi comportamentali del consumo, aggirando i controlli inibitori. Questa idea dell’abuso di sostanze e
dei disturbi da addiction è costruita intorno a concetti da lungo tempo oggetto di riflessione
filosofica e nelle scienze cognitive, come quello di
controllo volontario, decisione, motivazione, abitudine, incentivo, ricompensa,
apprendimento, appetiti, desiderio e così via.
La ricerca biomedica e anche la pratica clinica che se ne vorrebbe derivare stanno
attualmente usando questi concetti in modo ingenuo e
disinvolto, Le scienze cognitive da almeno mezzo secolo hanno sviluppato
su tali temi teorie assai precise e strumenti critici molto sofisticati.
Un impianto teorico che resta largamente sconosciuto a chi
studia e lavora nel campo delle dipendenze. La conoscenza di quanto le scienze
cognitive stanno portando alla luce a proposito dei processi in gioco nell’apprendimento,
nella memoria, nel decision making, dei meccanismi
di controllo delle emozioni e degli appetiti, nonché delle particolarità di
questi processi nell’età evolutiva sarebbe un potente ausilio per la ricerca
sulle dipendenze e per la messa a punto di strategie
cliniche e preventive più efficaci, in particolare per quelle che hanno per oggetto i ragazzi.
La proposta di aggiornamento è
pensata soprattutto in vista dell’avvicinamento e dell’incontro con queste conoscenze e competenze. La
formazione prevede l’alternarsi di teorici e attività pratiche, tra cui l’apprendimento di tecniche comportamentali evidence based per il 
potenziamento del controllo volontario del comportamento e la regolazione delle emozioni, e la progettazione e la discussione di ipotesi di
 intervento formulate in accordo con quanto suggerito dalle scienze cognitive applicate alla comprensione dei disturbi da dipendenze.
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Stefano Canali, Dottore di ricerca in Logica ed Epistemologia, Ricercatore presso l’Area Neuroscienze e il Laboratorio Interdisciplinare di Studi Avanzati 
della SISSA – Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati – Trieste. Socio fondatore della Società Italiana di Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze.
Redattore di Medicina delle dipendenze-Italian Journal of Addiction; coodirettore della collana MeFiSto-Medicina, Filosofia e Storia dell'editore ETS, Pisa e della
rivista Medicina & Storia. Dirige il sito di informazione scientifica sulle dipendenze: www.psicoattivo.com

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 Sabato, 22 Settembre 2018

"Disturbo da gioco d'azzardo: aspetti clinici e gestione del paziente"

Bellio G.

La giornata di studio è incentrata sulla clinica del disturbo da gioco d'azzardo (DGA). Da circa venticinque anni si è assistito ad un progressivo
e rilevante aumento dell'offerta di gioco d'azzardo,
sia in Italia che in molti altri Paesi del resto del Mondo. In particolare in Italia la distribuzione
del gioco d'azzardo
ha seguito un peculiare modello caratterizzato da ubiquità e una estrema facilità di accesso. Ciò ha avuto, come

conseguenza sul piano sanitario, l'aumento importante della prevalenza del disturbo da gioco d'azzardo, prima del 2000 virtualmente

sconosciuto ai servizi. Più recentemente, nel 2013, l'American Psychiatric Association ha inserito il disturbo da gioco d'azzardo nel capitolo

delle dipendenze del DSM-5. Considerare il disturbo da gioco d'azzardo come una dipendenza ha conseguenza sia sul piano dell'organizzazione

dei servizi che sul piano clinico.

Nel corso della giornata saranno descritti: 1) aspetti epidemiologici; 2) fattori di rischio e meccanismi di induzione della dipendenza;

3) aspetti clinici e comorbilità del DGA; 4) l'impatto sulla famiglia.

Verranno illustrate le principali classificazioni tipologiche dei giocatori compulsivi e le modalità per effettuare una valutazione in ingresso in

grado di orientare il clinico nella costruzione del trattamento. Verranno presentati i principali strumenti terapeutici e i principi evidence-based

per sviluppare trattamenti efficaci. Alcuni approfondimenti sull'assessment e sulla conduzione del trattamento verranno sviluppati sulla base delle

domande e osservazioni fatte dagli allievi. Verranno fornite indicazioni bibliografiche utili all'approfondimento e ampliamento dei temi trattati.

Alla fine della giornata il discente sarà in grado di riconoscere un giocatore patologico, di individuare le principali urgenze che richiedono un

intervento prioritario, saprà inquadrare il giocatore in una categoria tipologica che fungerà da guida per la formulazione della prognosi e di un

programma terapeutico personalizzato.
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Graziano Bellio, Psichiatra psicoterapeuta, Direttore del Serd di Castelfranco - Ulss n. 2 Marca Trevigiana

 

 

COSTI E ISCRIZIONI

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